Il babà a Napoli è uno stratagemma, è un talismano, è uno dei modi di affrontare la giornata con lo spirito giusto. Quando ci sentiamo tristi un babà napoletano ci tira su di morale. Ma se il babà - da sempre icona della pasticceria e della cultura partenopea, tanto che essere "nu babà", a Napoli, è un superlativo assoluto – non fosse nato a Napoli?
“Il babà è una cosa seria” cantava la napoletanissima Marisa Laurito dal palcoscenico dell’Ariston di un Sanremo ormai lontano 28 anni. Il babà a Napoli è uno stratagemma, è un talismano, è uno dei modi di affrontare la giornata con lo spirito giusto. Quando ci sentiamo tristi un babà napoletano ci tira su di morale. Ma se il babà - da sempre icona della pasticceria e della cultura partenopea tanto che essere nu babà, più che un modo di dire, rappresenta quasi un superlativo assoluto – non fosse nato a Napoli?
Come sempre le storie e la Storia si intrecciano, si confondono, dando vita al mito: una piccola certezza è che l'invenzione del babà risale al re polacco Stanislao Leszczyński, suocero di Luigi XV di Francia che per caso, genio, fortuna o creatività, mise alla luce questo delizioso dolce. Le versioni sono diverse: Leszczyński detronizzato da Pietro il Grande, Zar di tutte le Russie, e relegato, successivamente, al piccolo Ducato di Lorena, in Francia, annoiato, e forse anche piuttosto frustrato per la detronizzazione, si consolava dedicandosi alle sue passioni maggiori, l'alcool e la degustazione di dolci. I pasticceri del piccolo Ducato erano dediti a realizzare un unico dolce, il Kugelhupf, un dolce di pasta soffice, originario dell'Alsazia, ma del tutto spugnosa e asciutta. Giorno dopo giorno, i pasticceri non facevano altro che proporre al reale il solito dolce. Finché la pazienza di Stanislao arrivò al limite e al ripresentarsi dell'ennesimo Kugelhupf, la furia del sovrano fu tanta da scagliare via il piatto, urtando una bottiglia di rum posta in tavola. Il liquore, rovesciandosi, ricoprì il dolce donandogli un sapore e un colore del tutto diverso. L’invenzione del babà nasceva, così, in maniera del tutto fortuita.
Un’altra versione racconta che il re, essendo privo di denti, era impossibilitato a mangiare dolci e il famoso Kugelhupf, che egli trovava troppo asciutto; Leszczyński che era solito dilettarsi nell'invenzione culinaria, decise allora di ammorbidirlo nel Tokaj e nello sciroppo.
E il nome del dolce? Re Stanislao, amante delle novelle de Le Mille e una Notte, decise di rendere omaggio a uno dei protagonisti di quegli stessi racconti tanto amati, Ali Babà, da cui, appunto, Babà.
Il babà fu introdotto a Parigi all'inizio dell'ottocento dal famoso cuoco-pasticciere Sthorer, che l'aveva visto manipolare nelle cucine di Luneville, dove si era rifugiata in esilio la famiglia reale polacca. A tempo record divenne la specialità della sua pasticceria parigina di Rue Montorgueil. Dalla Polonia a Napoli il passo non è poi così breve: i grandi signori napoletani dell'ottocento spedivano a Parigi, quando non li accompagnavano, i propri cuochi per farli erudire sulla "Haute cuisine". E con i monzù, cuochi di corte che prestavano servizio presso le nobili famiglie, che il babà venne successivamente importato in terra partenopea dove assunse la caratteristica forma del fungo e divenne, quello che tutti noi conosciamo, come l’unico e solo Babà napoletano.
P.s. Secondo alcuni la tipica forma a fungo la si deve al celebre pasticciere Nicolas Stohrer, giunto a Parigi con Maria Leszczyńska, figlia del sovrano polacco. Ancora oggi, nella capitale francese, la maison propone dolci simili.
Quelli in foto sono i nostri babà, unici ed inimitabili, li trovate ne i Classici(ssimi).