Figlio della cucina povera, che specie durante le festività, riusciva ad esprimere le sue capacità di creare tanto con poco, il migliaccio, ha allietato per secoli il palato, con l'essenzialità di ingredienti freschi combinati abilmente secondo i dettami di una tradizione che ha come scopo non solo il nutrire ma il rendere felici attraverso il cibo…
Nato dall’esigenza di creare con quello che c’era in casa un dolce semplice essenziale e gustoso,il migliaccio, prende il nome proprio da uno dei suoi ingredienti principali: il miglio; ingrediente che poi è stato sostituito dalla semola.
Il migliaccio ha origine medievali e, come detto, la ricetta prevedeva farina di miglio (da qui il nome) ed un altro ingrediente fondamentale: il sangue di maiale. Uno dei comandamenti della cucina povera osserva: “del maiale non non si butta nulla”, ma dal 1992 le macellerie non sono più autorizzate a vendere questo ingrediente che di conseguenza sopravvive nella cultura e nella cucina rurale e contadina dove anche oggi la macellazione dell’animale rappresenta un vero e rituale familiare. La chiesa cattolica e la ricca borghesia erano contro queste tradizioni considerate “pagane e vampiresche” e per molti secoli, nonostante il sangue del roseo animale fosse impreziosito da cioccolata (il sanguinaccio)spezie, vaniglia e pistacchio, le stesse autorità ne avrebbero contrastato l’uso nella cucina tipica povera e contadina campana. Fu solo verso fine settecento che il pane di miglio dolce e salato impreziosito da sangue di maiale cambiò la sua forma originaria. Il sangue dell’animale quindi, sempre per influsso della borghesia e della chiesa cattolica, venne sostituito dallo zucchero, cannella farina e uova, trasformandosi nel dolce moderno che noi conosciamo.
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